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Viaggio in Sicilia

20/08/2020

Il neck di Motta Sant’Anastasia e le sue leggende

In Italia ne esistono solo due, per giunta non così lontani in linea d’aria fra loro, poi bisogna spostarsi in Francia, in Algeria o negli Usa per poterli ammirare. Stiamo parlando dei neck, sono delle formazioni vulcaniche nate dalla solidificazione del magma all’interno del condotto eruttivo di un vulcano. Nel nostro Paese è possibile ammirarli a Motta Sant’Anastasia, in provincia di Catania, e a Strombolicchio nelle Isole Eolie. Quello del comune etneo è antichissimo, pare sia lì da almeno 550.000 anni. Diamo un’occhiata.

Da un’eruzione nasce la rocca
In città lo chiamano la rocca. Fu scelto come luogo dove edificare la prima formazione urbanistica, oggi la parte più antica del paese. Il neck di Motta Sant’Anastasia è alto 65 metri e ha la forma a rocce colonnari prismatiche a sezione esagonale o pentagonale. Pare sia nato da un’eruzione freato-magmatica: il magma incontrando una massa d’acqua è esploso formando un cratere circondato da materiale vulcanico, subito riempito dalla lava. Col tempo l’erosione degli agenti atmosferici ha scoperto il collo del camino vulcano, dando origine al neck.

Il Dongione protegge la città

Sulla rupe vulcanica è stata costruita la prima comunità, oggi la parte vecchia di Motta Sant’Anastasia, e sulla cima il Dongione, simbolo del paese, un imponente torrione che faceva parte del sistema di fortificazione di tutta l’area. La storia del Dongione o torre di Motta è fatta di misteri, leggende ed episodi reali, anche se l’avanzare dei secoli rende sempre più difficile distinguerli tra loro. Resta il fascino di una così austera struttura la cui presenza e il cui destino sono legati inevitabilmente a quelli di Motta. La posizione del neck era infatti troppo favorevole per non essere sfruttata da un punto di vista militare: dalla sua altezza permetteva di controllare e difendere la piana di Catania fino al versante meridionale dell’Etna, ovvio costruirci una torre. Secondo alcuni storici fu edificata dal conte Ruggero d’Altavilla tra il 1070 e il 1074. Negli anni cambiò tantissimi padroni: dai Normanni ai vescovi catanesi agli Aragonesi e via via sino all’ultimo proprietario privato, la famiglia Moncada, che lo detenne fino al 1900 quando diventò proprietà comunale.

La regina Bianca e il conte Bernando Cabrera: leggenda o realtà?

Tante leggende circondano la torre di Dongione, dicevamo. Una di queste ha per protagonisti la regina Bianca di Navarra e il conte di Modica Bernardo Cabrera. La regina divenuta vedova del re Martino finì nell’interesse – più strategico che sentimentale – del conte. Stanca delle sue insistenze e grazie alla complicità dell’ammiraglio Sancio Ruiz de Livori, Bianca lo fece rinchiudere nella cisterna al piano terra della torre, usata per la raccolta delle acque piovane, dove il conte rischiò più volte di annegare. Poi fu spostato in una stanza ai piani più alti. Il disegno vendicativo della regina non si era tuttavia ancora concluso. Fece travestire Jana, una damigella di corte, da paggio e la fece assumere al servizio del conte. Il piano consisteva nel convincere il nobile a fuggire dal castello per tornare a corteggiare Bianca. Grazie all’astuzia di Jana, accadde proprio così: il conte cadde nel tranello, si fece travestire da contadino e calare dalla torre con una corda, ma Jana lasciò la presa e lui cadde rovinosamente a terra dove restò per tutta la notte. Al mattino lo ritrovarono i popolani che iniziarono a deriderlo prendendolo per un poveraccio. Riacquistata la sua identità di donna, Jana denunciò l’accaduto e il povero Conte fu spedito come prigioniero al Castello Ursino a Catania.
Quanto di vero ci sia in questa storia non si sa, passano i secoli ma il sentimento, l’astuzia, la scaltrezza, i giochi di potere che si mischiano fra loro, animando la narrazione, restano sempre affascinanti!

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