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Viaggio in Sicilia

10/12/2020

Canicattì, la città che conquistò Luigi Pirandello

Adriano Tilgher, grande estimatore di Luigi Pirandello, la definì "la più audace e geniale satira politica e del costume", e in effetti l’Accademia del Parnaso era un pullulare di energia intellettuale che attraverso la poesia scrutava e criticava la società del primo Novecento. Nacque a Canicattì, città in provincia di Agrigento, e da qui vivacizzò il pensiero siciliano fino a suscitare l’interesse della stampa nazionale e persino spagnola. Chi l’avrebbe detto che questo paesino lungo il confine tra la provincia agrigentina e quella nissena potesse offrire una simile sorpresa?

La satira poetica dell’Accademia del Parnaso
Il 1° dicembre del 1927 Luigi Pirandello scelse il Teatro Sociale di Canicattì per mettere in scena la sua opera Sei personaggi in cerca d'autore, sul palco gli attori Lamberto Picasso e Marta Abba e gli altri colleghi del Teatro d'Arte di Roma. Un onore per la città che confermò agli occhi di tutti quanto il drammaturgo, pochi anni dopo premio Nobel per la Letteratura, avesse in simpatia Canicattì. Era rimasto estremamente affascinato dall’Accademia del Parnaso e dalla sua capacità di tracciare vizi e virtù della società attraverso la poesia, una satira poetica insomma che divertiva, approfondiva, denunciava e stimolava il suo pubblico. L’Accademia aveva uno statuto che ne regolava l’accesso e la vita interna, che ribaltava le gerarchie sociali, abbracciava la tolleranza politica, culturale, ideologica; che sceglieva di prendersi in giro e di saper ridere delle cose della vita. Un esempio di ricchezza del pensiero e dello spirito, di spessore umano fuori dal comune eppure così vicino alla gente, che rimarrà nella storia siciliana.

L’Uva Italia IGP, l’eccellenza di Canicattì
Oggi Canicattì è un florido comune noto per la produzione di Uva Italia IGP. È il frutto per eccellenza dell’agricoltura del posto, esportato e apprezzato in tutto il mondo. La produzione iniziò negli anni ’30 del secolo scorso da un innesto tra la qualità Bicane e il Moscato d'Amburgo bianco, introdotto dal commendatore Cesare Gangitano che decretò la fortuna del territorio. Grazie alla conformazione del terreno infatti e alle condizioni climatiche, l’uva prodotta a Canicattì ha proprietà uniche. La si riconosce già dall’acino di dimensione medio-grossa e poi dal gusto, dolce e croccante. Negli anni ’70 la coltivazione subì un’accelerazione tanto che la città nel 1987 fu inserita tra i Cento Comuni della Piccola-Grande Italia. Dieci anni dopo la tappa che sugellò la qualità dell’uva canicattinese, il riconoscimento IGP, mentre nel 2005 ancora un passo avanti con la costituzione del Consorzio per la tutela e la promozione dell'Uva da Tavola IGP di Canicattì per riunire i produttori più importanti della zona.

La ferita della storia
Canicattì ha sempre saputo distinguersi, nel paesaggio, distesa com’è su una conca naturale, e nella vivacità economica, appunto l’agricoltura e per gran parte del Novecento anche il commercio. Ha tuttavia un primato negativo che ancora oggi commuove: la prima strage nazista in Italia di cui si ha notizia.
All’arrivo dello sbarco degli americani sull’Isola, la città andò in festa. Esultanti, sei abitanti nascosti in una grotta uscirono dal loro riparo, i nazisti li videro e li fucilarono all’istante. Era il 12 luglio 1943, due giorni dopo sette canicattinesi furono trucidati e decine di loro feriti per mano del tenente colonello americano George Herbert McCaffrey perché accusati di rubare cibo da una fabbrica abbandonata, la Saponeria Narbone-Garilli. Fu la seconda strage di Canicattì: ancora dolore e sangue in poco tempo.
Una ferita nella storia cittadina che non si rimarginerà mai, che le generazioni future dovranno custodire con orgoglio, in ricordo di chi in nome della libertà e da innocente è stato ucciso da una forza umana cieca e brutale.

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