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Viaggio in Sicilia

16/07/2020

Maniace, intimo ristoro nel polmone verde della Sicilia

Il profumo delle pesche appena raccolte segna l’arrivo dell’estate. Rotonde, succose, lasciano in bocca una scia zuccherina. Accanto a loro sul paniere della frutta le pere, l’altro gioiello di Maniace. Dal 1994 il primo fine settimana di agosto il piccolo comune siciliano tra il Parco dei Nebrodi e quello dell’Etna dedica una festa ai prodotti della sua terra: si chiama la Sagra delle Pesche e delle Pere, ma è un vero tuffo nelle bontà enogastronomiche locali: il formaggio pecorino, la provola dei Nebrodi, il vino locale, le marmellate, i succhi di frutta, i dolci, fino al momento più atteso, il taglio e la degustazione delle grandi torte preparate dai mastri pasticceri maniacesi.
Prendiamoci una pausa di ristoro dalla calura estiva immersi nel polmone verde dell’Isola, conosciamo meglio quest’oasi di frescura in provincia di Catania.

Il travaglio storico di Maniace
Sicilia, il sole estivo brucia la terra. Il caldo soffoca, ti si appiccica addosso. A Maniace è diverso: i boschi e i numerosi torrenti sono riparo nel deserto. C’è persino un sentiero delle sorgenti che dal paese accompagna fino a Bronte tra il bosco di roverella. Terra ricca di verde e di acqua, ma solo di recente libera dalla sua arretratezza.

La storia di Maniace, come spesso accade in Sicilia, è fatta di un prima e di un dopo. In mezzo secoli di oblio.
Il paese conquista la sua autonomia municipale solo nel 1981, ma la sua esistenza è tracciabile già al tempo degli Arabi che la chiamarono Ghiran àd Daquiq. Nel 1040 la loro sconfitta per opera di Giorgio Maniace da cui il paesino prese e mantenne il nome. “Villaggio in pianura, ben popolato, ricco di mercanti, territorio fertile e abbondante di ogni cosa” lo definisce il geografo arabo Idrisi nel 1100, diventa "Magna universitas” e sede dell'Abazia benedettina di “Sancta Maria Maniacensis” su volere della regina madre Margherita di Navarra.
Ma si sa: le cose belle sono destinate a finire.
Arrivati gli Svevi Maniace va incontro a secoli di vessazioni, povertà e fame. Dimenticata da tutti, persino dagli storici che del suo destino non raccontano nulla per tanto tempo. Nel 1799 l’arrivo dell’ammiraglio Orazio Nelson che ricevette in regalo tutta la zona da Ferdinando IV, re delle Due Sicilie, per avere aiutato il re Borbone a reprimere la Repubblica partenopea di Napoli.
Il feudalesimo s’intrufola nel paese, segnandone il futuro in maniera inesorabile. Le condizioni di vita peggiorano, la povertà s’impossessa della vita dei paesani fino alla metà del secolo scorso.
Le lotte contadine del 1945 che animano tutto il Meridione per una più equa ripartizione del prodotto e l'assegnazione delle terre incolte giungono anche a Maniace, rivelandosi tuttavia dopo pochi anni solo un’illusione. La mancata attuazione della riforma agraria, l’immobilismo statale e amministrativo della vicina Bronte da cui il paese ancora dipende fanno precipitare la situazione.
Se l’Italia assiste al boom economico post bellico, il paese siciliano sprofonda nella sua miseria: si cammina nel fango, mancano strade e ponti, non c’è una rete idrica e l’acqua da bere si raccoglie sulle scarpate dei torrenti, assente l’illuminazione elettrica per non parlare dei servizi pubblici essenziali: una scuola, un ufficio postale o di stato civile, una farmacia. Il degrado più totale nell’abbandono generalizzato. Solo nel 1967 la nascita di un Comitato interno, composto dalla gente del posto, segna la risalita verso una dignità cittadina che oggi è innegabile e preziosa.

Il Castello di Nelson e il cimitero inglese
Della permanenza inglese restano due importanti testimonianze che fanno di Maniace la meta di un turismo d’élite, voglioso di una vacanza genuina, lontana dalle mete mondane. Sono il Castello di Nelson e il cimitero inglese.
Il primo si trova al confine tra il comune di Maniace e quello di Bronte a cui passò definitivamente nel 1981. Fu fatto costruire dall’ammiraglio Nelson e tramandato ai suoi eredi, oggi rimangono pochi resti della sua struttura originale, nei secoli sottoposta a lotte legali per la sua proprietà, saccheggi, vandalismi, persino l’occupazione nazista durante la seconda guerra mondiale.
Accanto al Castello, sulla sponda destra del fiume Saracena, sorge il cimitero inglese, unica proprietà ancora oggi della famiglia Nelson, data in concessione al comune maniacese. Qui si trovano otto tombe dove riposano i duchi di Bronte, alcuni amministratori della Ducea e il poeta inglese William Sharp, conosciuto con lo pseudonimo di Fiona Macleod, venuto a mancare mentre era in visita al Duca.

La natura verde nel sentiero delle sorgenti
Il Simeto le scorre accanto, il Parco dei Nebrodi l’accoglie nella sua oscurità. La flora e la fauna sono rigogliose, variegate, rare. La cittadina di Maniace ascolta il fruscio del bosco che la circonda e lo sciabordio delle acque che fluiscono incessanti. Tra questi rumori coccola le ferite che la sua travagliata storia ha arrecato alla sua anima. Diventa essa stessa rifugio per chi vuole una pausa e sceglie la natura come respiro dal mondo. A Maniace c’è persino un sentiero delle sorgenti che tra discese e risalite accompagna fino a Bronte: la Sorgente Farina, la Sorgente Fanusa, la Donnavida, la Virgilio, la Sorgente del Medico, secondo una leggenda dalle acque terapeutiche, la Sperone fino alla Sorgente Valle dell’Uomo Morto.
L’aria pura ti disseta nell’intimo, la serenità s’impossessa di ogni cosa.

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