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Viaggio in Sicilia

19/03/2020

W u Patriarca: Santa Croce Camerina e il suo san Giuseppe

Vicino alla Vigata televisiva, ovvero Punta Secca, in quel mare in cui il noto commissario Montalbano ama fare lunghe nuotate in solitaria, c’è Santa Croce Camerina. A marzo la comunità si ritrova attorno al suo santo patrono, san Giuseppe, in una delle celebrazioni più caratteristiche della Sicilia in cui il sacro s’intreccia al folclore delle tipiche Cene in onore del patriarca. Quest’anno, a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria nazionale da Covid-19, la festa è stata sospesa, nonostante ciò, all’urlo di Viva u Patriarca, resta la speciale atmosfera che caratterizza questo momento. E a seguire ne proponiamo il racconto.

La cena: il banchetto in onore del Patriarca
Ci sono le arance amare e i limoni, simbolo delle avversità della vita, ma anche le arance dolci, un inno alla speranza e alla fiducia, c’è l’acqua, la grazia del Battesimo, e il vino, la benedizione divina al lavoro umano. U lauri, il grano lasciato germogliare al buio dal primo venerdì di marzo, e u pani pulitu in tantissime forme, fatte rigorosamente a mano, la S e la G, le iniziali del santo, u vastuni, il bastone di san Giuseppe, a spera, l’ostensorio, a varva, il volto del patriarca. La Cena in onore del patriarca è ricca, profumata e sa di semplicità.

Era il 1832 quando la Chiesa Madre del paese, alla morte del barone Guglielmo Vitale, ricevette in donazione dal nobiluomo la rendita di tre vignali per solennizzare la festa patronale. Per l’occasione i compaesani organizzarono dei banchetti, le cosiddette Cene, che ancora oggi sono allestite in onore del santo come ringraziamento per grazia ricevuta o come atto di devozione. In ogni casa è un tripudio di colori, di prodotti della terra, dei piatti culinari della tradizione. La tavola raccoglie i prodotti della tradizione eretti a simbolo di antichi valori e i piatti caratteristici del posto, come il baccalà, le frittate agli asparagi, i pastizzi di spinaci e uva passa, e poi i dolci, il torrone, i biscotti scaurati, i mastazzola. Al centro il vero protagonista di quest’abbondanza, il pane, detto appunto pani pulitu, proposto in tante forme simboliche realizzate a mano, così speciale da essere inserito tra i beni immateriali della Regione Siciliana.

La preparazione secondo un antico rito
Agli occhi del visitatore si presenta un quadro di prodotti e profumi, incorniciato da bellissimi fiori: ogni cosa ha il suo posto preciso sulla tavola e tutt’intorno, meticolosamente curata nei giorni precedenti, la festa. Già una settimana prima della festa che si celebra la domenica successiva al 19 marzo si preparano gli ucciddati, le ciambelle di pasta che saranno offerti ai Tre Santi, tre indigenti del paese scelti tra i cittadini più bisognosi che interpreteranno la Sacra Famiglia.
Il venerdì viene imbandita la tavola secondo un rituale antico: alla parete si espone una coperta colorata su cui è appeso un quadro raffigurante la Sacra Famiglia, accanto viene accesa a lampa, una lampada a olio, mentre tutta la stanza è addobbata con festoni di edera e fiori. In primo piano sopra uno scalino adibito ad altarino, si sistema un crocefisso, ai piedi si pone una cesta con il pane.
Una volta sistemati sulla tavola, i prodotti non sono più spostati, né tantomeno consumati, fino alla mattina della festa quando si toglierà il primo cibo che sarà venduto all’asta in piazza davanti alla Chiesa Madre.

L’asta di san Giuseppe, la Cena, la processione: la domenica della festa
La domenica della festa è da vivere sin dalle prime luci del mattino. In piazza va in scena la famosa asta di san Giuseppe, altro tipico momento folcloristico molto seguito dalla gente del posto e dai tanti turisti che prendono parte alle celebrazioni. Su un grande palco è sistemato un tavolo con l’esposizione dei doni offerti in beneficenza che sono battuti dal venditore con un simpatico vociare, mentre il pubblico assiste divertito, rendendosi simpaticamente partecipe della contrattazione.

Intanto uno dei componenti della famiglia che offre la cena, insieme ai Tre santi raggiunge la chiesa per la benedizione, poi, in corteo, si avvicinano alla casa dove è allestito il banchetto. Giunti all’ingresso San Giuseppe bussa tre volte alla porta, ma nessuno dall’interno risponde, a quel punto esclama “Gesù, Ggiseppe e Maria, o rapi tu o rapu iu!”. La porta si apre e la Sacra Famiglia fa ingresso nella casa: San Giuseppe impartisce la benedizione, declamando “Accantu accantu c’è l’Ancilu Santu, u Patri, u Figghiu e u Spiritu Santu!” (Accanto accanto c’è l’Angelo santo, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo!), per poi recitare una breve preghiera che sancisce l’apertura ufficiale della cena. Ai Tre Santi è servita la tipica pasta di San Giuseppe, a principissedda, e tutto il corteo che li segue inizia a gustare i vari piatti preparati.

La città si prepara alla processione del simulacro per le vie cittadine. Il corteo inizia dalla Chiesa Madre dove, da qualche settimana, dopo il tradizionale rito della scinnuta durante il quale la statua del Patriarca è traslata dalla sua consueta sistemazione per essere esposta sull’altare, il santo accoglie le preghiere dei fedeli. La processione attraversa le principali strade della città, accolta dall’ovazione dei devoti e dei turisti, per poi fare ritorno in chiesa dove è esposta per qualche altro giorno. La messa eucaristica, poi i fuochi d’artificio e la musica in piazza completano questa giornata di fede e folclore. Santa Croce si affida al suo patrono, guardando con speranza all’anno futuro.

Foto di Gianni Giacchi

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