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Viaggio in Sicilia

09/01/2020

Cassaro, un viaggio tra storia e natura al sapore di timo e olio d’oliva

Una roccaforte naturale ideale per presidiare tutta la zona: gli Arabi lo capirono non appena arrivarono nelle sue vicinanze, per questo decisero di costruire sulla sua sommità un castello, in arabo Qasr, da cui Cassaro prende il nome.
In realtà le origini del piccolo comune di neanche 1000 abitanti in provincia di Siracusa sono molto più remote. Secondo alcuni storici furono i Siculi a creare in questa zona un villaggio, l’antica Cacyrum. La deduzione arriva dal ritrovamento di tombe risalenti al periodo siculo in contrada S. Ranieri, nelle vicinanze di Cassaro, che lascia presumere che in prossimità ci fosse un villaggio, secondo l’usanza dell’antico popolo di vivere accanto al luogo dove seppellivano i loro cari defunti.

Dal XII secolo il villaggio iniziò a diventare un vero e proprio borgo attorno alla fortezza di cui oggi restano pochissime tracce per poi passare a diverse famiglie di feudatari, dai baroni Gaetani agli Statella.

Il terremoto del 1693 decretò un netto cambiamento nella storia del paese che, come accadde a molti centri siciliani, fu quasi interamente distrutto dal sisma. La ricostruzione seguì un nuovo impianto urbanistico a scacchiera lungo le due arterie principali, Corso Umberto e Via Matteotti, che ancora oggi rappresentano il centro della vita cittadina.
Dall’anima prevalentemente agricolo-artigianale, Cassaro è noto per il suo olio di oliva Dop “Monti Iblei - Monte Lauro”, estratto da migliaia di ettari di uliveti che circondano il territorio. Accanto a queste distese, grazie alle peculiari caratteristiche del terreno e al clima collinare, si trovano anche le coltivazioni di pesche e noci, esportate in tutta Italia. Molto apprezzati poi i funghi, le nocciole e le castagne, mentre particolare è la produzione di panieri in canne e rami d'ulivo.

Giorno dell’anno molto importante per la vita cittadina è il 17 gennaio quando il paese vive uno dei suoi momenti religiosi e folcloristici più intensi con la festa di sant’Antonio, protettore degli animali e del fuoco. Ogni tre anni la celebrazione si ripete anche in estate, l’ultima domenica di luglio.
La festa segue lo stesso programma da decenni: alle 5.00 del mattino lo sparo di ventuno colpi di cannone segna l’avvio delle festività che si prolungano fino a tarda sera. Tre i momenti più seguiti e suggestivi: “’U Cialibru”, la vendita all’asta dei doni che i fedeli offrono al santo; la “Benedizione degli animali”, rito legato alla cultura contadina; e “’A Ciaccarata”, la corsa di fiaccole durante la processione del simulacro lungo le vie del paese.

Fulcro della festa è la chiesa di Sant’Antonio Abate, la cui ricostruzione terminò nel 1760 grazie anche alle cospicue donazioni dei cittadini che s’impegnarono per portarla a termine. La facciata, progettata nel 1758 dal maestro Domenico Blamato di Floridia, ma non ancora ultimata, è in stile barocco, ben slanciata, con tre campane. Due bellissime colonne decorate delimitano il portale d’entrata ai cui lati, custodite all’interno di due nicchie, si possono ammirare le statue di Sant’Antonio Abate e della Madonna col Bambino. All’interno si possono osservare la volta dell’abside, con l’affresco del celebre Giuseppe Crestodoro dedicato all’eterno Padre portato sulle ali degli angeli, e una tela raffigurante Sant’Antonio Abate dello stesso Crestodoro.

E per gli amanti escursionisti Cassaro svela una sorpresa inattesa: il sentiero Frassati, un percorso dall’indescrivibile bellezza naturale che unisce i comuni di Cassaro e di Buscemi attraverso la Valle dell’Anapo, il Fosso Nocella e la Valle dei Mulini. Dedicato al beato Pier Giorgio Frassati che amava la montagna come luogo di meditazione e di rigenerazione, il sentiero di 9 km permette di ammirare la vegetazione fluviale, tipica della zona umida sotto le cave iblee, e la macchia mediterranea, tipica invece della zona arida sovrastante le stesse cave, oltre che i ruderi di cinque mulini ad acqua e la Chiesetta Bizantina di Santo Pietro, trasformata in ovile con un muro di cinta munito di para lupi. Diffusissima lungo il percorso la presenza del timo, piccolo arbusto profumato che fin dall’antichità ha fornito prezioso nutrimento alle api, caratterizzando con il suo colore e il suo gusto il miele degli Iblei.

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