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Viaggio in Sicilia

04/11/2019

La città dello zolfo: a Riesi un viaggio nella memoria, assaggiando un mastazzola

Il loro profumo inebria l’aria. Alloro, arancia, cannella e mandorle: i gusti della Sicilia si amalgamano in una danza del piacere. A spiccare fra tutti è lui, lo sciroppo di carrube, ingrediente che rende unici i mastazzòla di Riesi, Presidio Slow Food.

La storia del comune in provincia di Caltanissetta, noto per questa leccornia dolciaria, è in realtà strettamente legata al destino della Solfara Grande, la miniera di zolfo più estesa della zona nissena che toccava anche i territori limitrofi di Sommatino e della Tallarita.
Era il 1730 quando l’attività estrattiva prese il via, inizialmente solo attraverso l’uso di picconi e tanta forza umana. Decenni dopo si passò a un’estrazione meccanica che trasformò il giacimento in industria, con tanto di piccoli stabilimenti sorti nelle vicinanze per la lavorazione del materiale roccioso. Si pensa che la produzione ammontasse a 10.000 tonnellate di zolfo prodotte ogni anno. In parallelo allo sviluppo della miniera, anche la crescita di un villaggio per gli operai e le loro famiglie: uomini, spesso giovanissimi, mandati a lavorare in condizioni molto difficili e le donne a casa ad aspettarli, talvolta invano. In loro memoria al centro della città oggi sorge un monumento che ne ricorda le sofferenze e la fatica. Una vita trascorsa sottoterra la loro, tra infiniti tunnel che s’intersecavano, dai quali spesso non si usciva vivi. Così i carusi trascorrevano la loro giornata, con l’alito della morte sul collo, accerchiati dal pericolo costante di un crollo, di un incendio o del temutissimo “verme a uncino” che s’infilava dai pantaloni e pizzicava gli arti inferiori, provocando una mortale infezione.

Nei primi del Novecento la cava crebbe ulteriormente fino a dare lavoro a 3.000 minatori e coprire il 12% della produzione di zolfo per il consumo mondiale; tuttavia negli anni ’50 il trend subì un arresto a causa della spietata concorrenza dello zolfo americano. A questo si aggiunse una serie di incidenti che peggiorarono inesorabilmente la situazione, primo fra tutti l’esplosione di grisou nel 1957 che causò una frana nel pozzo di Scordia provocando la morte di molte persone. Nel 1975 la chiusura definitiva del complesso oggi trasformato in reperto dell’architettura industriale, e in parte sede del Museo delle Solfare di Trabia Tallarita che raccoglie la storia dell’intera zona.
Il nome di Riesi deriva dal latino Rieses, terre incolte, forse per evidenziare lo stato d’incuria in cui un tempo versavano le campagne. Oggi l’agricoltura e il pascolo rappresentano i settori trainanti l’economia del paese che ha nella cucina locale uno dei suoi punti di forza.
I mastazzola, tra i prodotti tipici, sono certamente quelli più famosi. A renderli unici è lo sciroppo di carrube che, unito a farina di grano duro, cannella, chiodi di garofano macinati, zucchero, mandorle tostate, scorze di arancia a pezzetti e foglie di alloro, dà a questo dolce un sapore davvero particolare. Tipico del periodo natalizio, si prepara anche per la Festa dei Morti del 2 novembre, molto sentita in Sicilia. Si pensa che Riesi sia la terra natia di questa specialità dolciaria che poi si è diffusa in altre parti della Sicilia proprio grazie ai tantissimi minatori provenienti da tutta la regione che lavoravano nella cava e che, una volta rientrati nelle loro zone, esportavano la ricetta conosciuta nel comune nisseno, magari modificandola e adattandola agli ingredienti tipici delle loro città, dando così vita alle diverse varietà di ricette e persino nomi con cui questi dolci si sono diffusi.

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